PAROLA AL PROF. Roberto De Luce: “Complicato lavorare 'a distanza' in uno sport di squadra”
In questa situazione di emergenza con tutti i calciatori nei rispettivi domicili, diventa fondamentale non perdere la condizione mentale e fisica. Per la Fermana il compito di assistere anche a distanza i ragazzi spetta a Roberto De Luce, preparatore atletico gialloblù e punto di riferimento dell’intero staff.
Una situazione difficile sotto ogni punto di vista con i ragazzi che devono allenarsi da soli. Nel chiuso delle quattro mura o poco più, cosa si può fare per cercare di mantenere la condizione?
"È un momento particolare nel quale si riesce a curare soltanto la condizione generale dei ragazzi. Sono somministrati allenamenti da fare individualmente, a casa o all'aperto - rispettando le norme governative - che riguardano la resistenza, la forza e l'elasticità muscolare; tutte capacità generali che servono per mantenere una condizione minima di base dalla quale poter ripartire. D'accordo con tutto lo staff tecnico ci stiamo concentrando quindi più sull'atleta che sul calciatore per far sì che il ritorno all'attività agonistica possa essere il meno traumatico possibile".
Si tratta di programmi personalizzati in base al singolo atleta e alla condizione che aveva al momento dello stop?
"I programmi sono personalizzati soprattutto in base alle possibilità di allenamento dei calciatori: c'è chi dispone di attrezzatura di allenamento in casa, come pesi o elastici, e chi può lavorare solo a carico naturale. Il monitoraggio del carico fisico avviene individualmente, tramite la condivisione quotidiana dello sforzo percepito durante la seduta di allenamento. Inoltre è stato consegnato un documento con delle linee guida alimentari redatte dal nostro nutrizionista alle quali attenersi per non perdere la composizione corporea raggiunta, che in questo periodo di stop tende a peggiorare".
Psicologicamente quanto è difficile lavorare da soli? Soprattutto considerando che il calcio è uno sport di squadra in cui il collettivo conta molto.
"È un po' difficile perché il calcio è uno sport di squadra nel quale la condivisione degli sforzi porta a un risultato collettivo. Il lavoro individuale comunque è già presente nel ciclo annuale di un calciatore, si pensi al periodo estivo tra due stagioni sportive e alla sosta invernale.
La più grande difficoltà da questo punto di vista è non avere una data di inizio certa di ritorno alle gare, che rende impossibile pianificare un programma di allenamento che vada oltre i 7/14 giorni".
Sempre dal punto di vista mentale c'è il fisiologico rischio di avere un contraccolpo in tutti i calciatori che, chissà quando, potranno tornare a fare il loro mestiere giornalmente?
"Il rischio c'è ma la maggioranza dei calciatori, anche a detta di colleghi più esperti di me, sono educati alla cura del proprio fisico. A tal proposito abbiamo effettuato dei test antropometrici appena prima di fermarci: alla ripresa l'obiettivo sarà quello di non avere variazioni significative dei dati ottenuti. Sicuramente mancherà la condizione sport-specifica quando riprenderemo l'attività agonistica ma ci sarà anche molto entusiasmo nel tornare alla normalità".