E’ uno dei riferimenti del centrocampo gialloblù, spesso con la fascia da capitano al braccio, sempre a lottare per la Fermana in mezzo al rettangolo verde. Gianluca Urbinati ha risposto, per il quarto appuntamento con il Webinar Fermana, alle domande dei giovanissimi colleghi di reparto del settore giovanile.
Gianluca, quali devono essere le caratteristiche del caliatore ideale?
“Soprattutto la duttilità. Il centrocampista totale è richiesto fin dalle massime serie. Serve visione di gioco, buona corsa e discreta tecnica”.
Qual’è l’atteggiamento giusto per dare sempre il massimo?
“Non bisogna mai mollare e non bisogna mai dare nulla per scontato. Basta un attimo nel calcio. Bisogna lottare ogni giorno, sia fisicamente che mentalmente. Bisogna sempre avere la voglia di soffrire. Bisogna sempre perseverare fino all’infinito perché il lavoro paga sempre”.
Come è stato il debutto in maglia gialloblù?
“Lo ricordo bene, fu un debutto molto tosto. Fu un Fermana-Samb, gara incredibile per una Serie D. Alla fine abbiamo pareggiato 3-3 dopo aver rincoro per tutta la gara. Emozioni fortissime, pubblico incredibile. Venivo da Castelfidardo dove non c’era grandissimo pubblico ma venire a Fermo e vedere quello scenario mi ha fatto emozionare veramente”.
Quali sono le differenze tra Pro e dilettanti?
“Ho fatto entrambi, vengo dal basso e mi son sudato tutto quanto. La differenza tra dilettante e professionista sono i dettagli. Arrivare prima al campo, fare esercizio fisico in maniera maniacale, curare un semplice affaticamento muscolare con posture, arrivare prima per sciogliere un fastidio, la vita fuori dal campo, l’alimentazione prima e dopo la gara. Sono tutti dettagli che alla fine fanno la differenza e nei professionisti la fanno”.
Qual è il tuo idolo dal bambino?
“Essendo juventino è stato da sempre Del Piero. Lui si approcciava al mondo Juve ed è diventato un’icona con i suoi gol in Champions col Borussia e via dicendo. Li mi appassionai sia alla Juve che proprio a lui come giocatore e come riferimento individuale per il comportamento anche fuori dal campo. Senza dubbio lui è il riferimento”.
Ricordi la prima emozione vera legata al mondo del calcio?
“La prima emozione è stata la vittoria dei Giovanissimi Provinciali con il Marotta. E’ questa la prima vittoria seppur giovanile, ero il capitano e sollevare quella Coppa insieme a tutti gli amici di scuola e d’infanzia è stato bellissimo. Vedere che eravamo felici è stata una gran bella emozione, la prima vera a livello calcistico”.
E invece il centrocampista ideale cosa deve avere, soprattutto tra i professionisti?
“Deve esserci un mix di tutte le componenti per essere importanti nella categoria che si va disputare. Stoppare, fare un lancio, avere una visione di gioco, una corsa importante associata al giusto dinamismo. In mezzo al campo si fanno tanti chilometri e dunque va tenuta la giusta forma fisica, li in mezzo passano tutti e va retto l’urto. Se poi si aggiungono anche i gol, tanto meglio: serve una sintesi di tutte le componenti”.
Sei mai entrato in campo con lo spirito non giusto? Come fai, nel caso, rientrare in gara?
“Mi preparo dal martedì e quindi di solito cerco di essere sempre pronto. Quando mancano alcuni dettagli nei primi venti minuti il rischio è di uscire dalla gara. Li serve carattere, serve superare gli ostacoli. Se i primi venti minuti sbagli, serve prendere le cose migliori e metterci ancora di più per fare sempre meglio. Devo andare ancora più forte e fare i dettagli sempre meglio. Per svoltare una prestazione negativa serve il carattere e la personalità per tirarsi fuori dalla buca”.
Qual’è stato il tuo rapporto con la scuola?
“Non mi è mai piaciuto tanto studiare ma ho portato a termine le superiori. Unico anno perso quando mi ero trasferito a Perugia da Marotta per fare le giovanili ma poi mi sono diplomato e questo per un calciatore è importante. Ho iniziato a fare Scienze Motorie ma non ho avuto la voglia di proseguire percorso di laurea. Mi sono diplomato all’Itis informatica di Ancona e questo me lo porto con me”.
Qual’è stata la partita impossibile da dimenticare?
“Tante ce ne sono state in questi anni, come il giorno della vittoria in D o proprio in quella stagione. Ma diciamo che vincere in quella maniera a San Benedetto, anche in sofferenza pur rimanendo sempre sul pezzo, salvati anche da Paolone Ginestra nel primo tempo. Siamo andati a riprenderci la gara nel secondo tempo e poi andarla a vincere in quella maniera è pazzesco. Quella emozione è freschissima ed è qualcosa di incredibile anche nel rivedere le immagini”.
Quale avversario ti ha impressionato maggiormente?
“Personalmente me la vedo con i centrocampisti avversari, spesso in duelli individuali. Tra i più complicati metto sicuramente Burrai del Pordenone che ha tutto: piede educatissimo, corre tantissimo, ha visione. Veramente dura stargli dietro”.